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TO DO – LEZIONE 3

Commento a “la via dei simboli” A.Saggio

“A noi non interessano i monumenti”

Antonino Saggio – la via dei simboli, articolo su Coffebreak

io partirei da qui, da questa frase un pò parafrasata di Frank Lloyd Wright contiene al suo interno il fulcro dell’articolo “La via dei simboli” infatti il concetto di edificio monumentale, di monumentalità cambia e viene via via reinterpretato con l’avvento “della terza ondata”, l’avvento del mondo dell’informazione nell’architettura. Un mondo che vede in Utzon un precursore che riuscì forse troppo presto a porre le basi per un’architettura di rottura verso il passato.

sezione Opera House Sidney

È esattamente nel momento in cui l’architettura si apre al mondo dell’informazione che l’opera di Utzon e per estensione la città di Sydney diventa punto nevralgico, attraverso un auditorium che si pone come nuova visione simbolica di architettura, che si va totalmente a contrapporre alla visione del movimento moderno. Proprio questo suo essere precursore di architettura Utzon non venne particolarmente apprezzato, non ne venne apprezzata l’intelligenza ed il coraggio dimostrati nel contrapporsi al filone moderno. Tornando al concetto di monumento che per l’architettura moderna, (forse ancora troppo scottata dal conflitto bellico della seconda guerra mondiale), l’edificio monumentale era utilizzato per esprimere un chiaro concetto di potenza e affermazione di uno stato sovrano, per lo più di dittatoriale. È necessario considerare che ci furono dei tentativi di discostamento dalla concezione moderna di monumentalità, ad esempio Giuseppe Terragni fece un po’ da sparti acque nel 1930 dimostrando come si potesse

dare un’aura monumentale e simbolica a un edificio senza ricorrere allo strumentario del passato ma attraverso un’ibridazione pericolosa quanto magistrale.

Antonino Saggio – la via dei simboli, articolo su Coffebreak

I tentativi quindi non mancarono, ma perché il primo che effettivamente riuscì a discostarsi dal passato attraverso una singola opera? La risposta è nella storia di Utzon, il primo grande elemento che caratterizza l’autore è la sua origine, l’architetto infatti era di origine nordica, veniva quindi da paesi che vedevano l’architettura secondo una perfetta unione tra uomo e natura ponendo il concetto monumentale coem massima esaltazione di ciò. Ancora Utzon lavorò con Alvar Aalto è questo in qualche modo lo “svezzò” dal suo repertorio classico e comincio grazie ad Aalto lo studio di come gli edifici potessero comunicare al meglio con il contesto naturale nel quale si sarebbero andati ad insediare. Un’ulteriore elemento dal quale probabilmente pose le sue basi fu il volo ed il movimento, essendo grande appassionato di vela. Probabilmente proprio da li comincio a studiare le famose vele arcuate dell’Opera House… infine il motivo più importante sta nella sua visione delle opere infatti

Utzon è un architetto interessato all’uomo nelle sue diverse manifestazioni sociali

Antonino Saggio – la via dei simboli, articolo su Coffebreak

questo lo porto quindi a concepire il progetto come non una semplice sala concerti, ma un simbolo, un monumento per tutta la collettività di Sydney e tutto il continente. Proprio da qui proprio da questo suo modo di vedere l’architettura nonostante le varie vicissitudini riuscì a creare il primo vero simbolo assoluto dell’architettura moderna, nel quale tutti gli abitanti vi si riconoscono ma che non coincide minimamente con gli aspetti propagandistici dell’architettura monumentale sotto i regimi totalitari di pochi anni prima.

Anni dopo quel primo tentativo, all’incirca 40 anni dopo arrivò Frank Gehry che perfezionò questa visione di Utzon con il museo di Bilbao egli infatti capisce che:

il nuovo monumentalismo è un fatto civico, collettivo, della gente.

Antonino Saggio – la via dei simboli, articolo su Coffebreak

È in parte per questo che il suo desiderio per la sua architettura è quello di un’architettura che trascini emotivamente, infatti sceglie lui quasi provocatoriamente un’area di progetto in un intersezione urbana, caotica tra ferrovia, ponte e banchine, proprio in questo caos, che Gehry inserisce la sua opera che si attesta grazie ad una forma particolare e ricercata che va proprio a conformare l’ambiente circostante. Proprio grazie a Gehry si chiude il cerchio aperto da Hutzon, un cerchio partito da un precursore con una nuova visione di architettura monumentale e simbolica poi chiuso con un’opera che ha posto le basi per una nuova architettura rappresentativa e monumentale che via via discorrendo del tempo si era un po’ persa, su cui poi pongono le basi tutte le opere più importanti attuali, con una forte vena metaforica e avanguardista. L’edificio infatti oggi

non è più buono solo se funziona ed è efficiente

Antonino Saggio – la via dei simboli, articolo su Coffebreak

ma deve rappresentare un qualcosa, un qualcosa in cui la collettività si possa identificare.

Guggenheim Museum Bilbao Frank Ghery

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